Lao Guo mal sopportava l’atmosfera del ristorante di sushi economico. Il suo completo stonava con i calzoncini dei turisti, c’era solo un’entrata, e il riso sapeva di colla. Gli sgabelli erano larghi e imbottiti per sostenere il peso di qualche culone americano.
Si era scelto una sedia da dove tenere d’occhio allo stesso tempo l’ingresso e la schiena di Zhang ‘il Dente’. Era coperta da una camicia arancione a fiori bianchi quasi in sintonia con la fauna locale. Il boss osservava le vivande che gli passavano davanti, nei loro piattini di plastica colorata, e raramente mangiava.
Aveva già dovuto scacciare quattro persone che avevano tentato di sedersi vicino a Zhang. Lou non era certo il tipo da lamentarsi con il Dente, ma l’incontro si sarebbe potuto organizzare in uno dei loro locali e non avrebbero avuto di quelle rogne.
L’investigatrice Hsu varcò la soglia con la faccia di una che si portava appresso un uragano. Lao Guo represse un sorriso. Non era l’unico a cui il posto stava sul culo.
La donna li identificò subito. Lao le indicò lo sgabello libero vicino al Dente. Lei guardò gli altri avventori che si ingozzavano di cibo di merda, poi gli fece una radiografia per indovinare dove fosse la pistola. Alla fine, si decise a sedersi, in maniera tale da non dare la schiena né a lui, né al boss.
Paranoica, come tutti i poliziotti.
«Si sieda. Mangi qualcosa.» Zhang addirittura le indicò il nastro trasportatore.
«Sono qui solo per il caso.» Hsu era lapidaria.
«Lei è sempre di fretta. Anche se è giovane, non può trascurare i bisogni del suo corpo. Mangi.»
Piccole ciotole colorate sfilavano indifferenti di fronte a quella coppia male assortita. Con quella coppia d’età avrebbero potuto essere padre e figlia. O un vecchio pervertito con una protetta. L’investigatrice pescò una coppia di bacchette dal contenitore in plastica, le spezzò, le strofinò per togliere le schegge di legno e pescò un nigiri al salmone senza prendere il piattino. Le rimase un chicco di riso sulle labbra.
«Devo sapere dove si trova A Sun. Qualcuno lo sta coprendo. Qualcuno di voi...»
Lao cambiò posizione sulla sedia. L’investigatrice gli lanciò un’occhiata ed evitò di finire la frase con un insulto. A Zhang tutta quell’acredine scivolava addosso come le piogge invernali.
«A Sun è un randagio. Ai miei tempi, qualcuno gli avrebbe insegnato—»
«Non mi interessa di cosa avrebbe fatto lei. Mi interessa trovare A Sun e portarlo alla giustizia prima che ammazzi ancora.»
Lao trattenne a malapena una vibrazione del labbro superiore. Ma il Dente non reagiva. Aspettò che un piattino di insalata di alghe passasse di fronte a lui. Lo raccolse.
«Mi chiedo se la sua giustizia abbia mai salvato qualcuno, Hsu, o se sia una maschera per coprire il fallimento della legge.»
«Lei non sa niente della legge.»
Lao mise assieme i pezzi. Il luogo dell’incontro era inusuale perché Hsu era inusuale. O almeno, era inusuale la pazienza del suo capo nel sopportare quello zelo da novellina.
«C’è un vecchio magazzino nel distretto di Wanhua. Vicino al tempio di Longshan. Anni fa lo usavamo per il commercio di sigarette.» Zhang soppesò tra le bacchette una porzione abbondante di alghe. «A Sun si nasconde in un appartamento abusivo sul tetto del magazzino. Da solo, a quanto mi dicono.»
«Verificheremo.» Hsu si alzò facendo stridere lo sgabello. Lanciò un’ultima occhiata al Dente, a Lao, poi diede loro le spalle senza ringraziare. C’era da scommetterci una mano che non avrebbe ricambiato il favore. La porta si chiuse in un colpo secco. Un sushi chef, dietro al banco, alzò gli occhi dal coltello e cercò una spiegazione tra le facce chine sui tavoli.
Lao scosse la testa e si sedette al posto dell’investigatrice. Si sistemò la giacca e prese una sigaretta dalla tasca interna. Non l’accese, perché Zhang aveva smesso, ma aveva bisogno di sentire il filtro tra le labbra.
Zhang il Dente masticava l’insalata di alghe come si trattasse di una prelibatezza. Sul suo volto indurito l’espressione indecifrabile di una statua del Buddha. Ma quella la vedeva lui, che lo conosceva bene. Un passante qualunque l’avrebbe davvero scambiato per un turista sulla sessantina.
Invece teneva le redini di una delle triadi più potenti del paese.
Gli occhi neri di Zhang si spostarono di un millimetro, quel tanto che bastava a guardarlo in faccia.
«A te piacciono le donne, Lao?» Prima che potesse rispondere, l’altro continuò. «A me parecchio. Quando avevo la tua età, forse anche troppo. Ho capito dopo che le cose importanti erano altre.»
Lao raccolse le bacchette lasciate cadere da Hsu, le soppesò, poi le abbandonò sul nastro trasportatore. «Quell’investigatrice non diventerà mai un’amica di famiglia.»
«No.»
Zhang tirò fuori dalla tasca una banconota e la lasciò sul tavolo. Si alzarono. In strada, una pioggerellina leggera e sottile metteva l’umidità nelle ossa dei grattacieli. Sotto il porticato del ristorante, Lao si permise finalmente di accendere la sigaretta. Ma il Dente non aveva finito.
«Da vecchi si hanno meno piaceri, Lao. E nessuno è più grande di vedere il successo dei propri figli.»
NdA: Racconto originariamente scritto per una competizione amichevole sul forum Minuti Contati. C'era un limite abbastanza stringente di caratteri da rispettare, quindi mi sono tenuto davvero sul sintetico. Bella sfida!
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