L’ufficio dello sciamano era incastrato al terzo piano di un palazzone del centro città, tra un caffè con linea diretta alla borsa di Neon City e un lounge di sesso virtuale con i divanetti. Se si aguzzavano le orecchie si potevano sentire i rantolii di qualche sfigato sulla sinistra e le risate scomode di qualche imprenditore che vedeva la sua rovina in diretta su una connessione ad alta velocità.
Lackland odiava visceralmente cartomanti, divinatori, sacerdoti e sciamani. Tranne quelli che sapevano fare il loro lavoro. Argusson lo squadrava con un sorrisetto consapevole, i capelli biondi raccolti in uno chignon scomposto, il seno prominente coperto a malapena da una vestaglia con un motivo di orchidee.
«Bentornato, Jack. Sapevo che… »
«Ho poco tempo per i convenevoli, Erik.»
Lackland si sedette sul cuscino basso e un po’ lercio di fronte al tavolino di legno di cedro, forse la cosa più preziosa nel mezzo della paccottiglia di quel buco d’ufficio.
«Tu hai sempre poco tempo,» disse lo sciamano. «Ma va bene. Parliamo d’affari.»
Erik Argusson liberò il tavolino dai ninnoli con una manata, lasciando solo in piedi un piccolo gatto dorato che salutava, salutava, chiedendo alla fortuna di entrare. Nello spazio vuoto poggiò un piatto di rame coperto di ruggine verde.
Lackland sapeva come andavano quelle cose. Arrotolò la camicia ben sopra la giuntura del suo braccio metallico fino a scoprire la pelle morbida tra bicipite e tricipite, dove l’innesto prudeva, e tirò fuori il coltellino.
Era meglio non esitare mai. Se ci si fermava a pensare al freddo della lama si finiva bloccati. Nessun rumore e nessun ripensamento più tardi, Jack stava facendo gocciolare il taglio del suo braccio nel piatto di rame, sacrificando l’ennesima camicia.
Gli occhi di Argusson si rivoltarono dietro la nuca mentre lanciava il sacchetto di rune. Si insozzarono di sangue e danzarono nel piatto. Mentre cadevano, Erik sussurrava.
«Tiwaz,» era sempre Tiwaz. «Eiwaz. Algiz. Fai la tua domanda.»
Solo poche delle tessere erano a faccia in su. Le altre mostravano il lato vuoto, osso sporco di sangue fresco.
«Devo portare la ragazza fuori città. L’esercito mi sta addosso. Voglio sapere se c’è un modo.»
«Se provi a uscire da Neon City, morirai.» Gli occhi di Erik scattarono di nuovo in posizione, come se qualcuno gli avesse tirato una leva nel cranio. Guardò il piatto, poi impallidì, impaurito dal suo stesso tono. «No… tu… devi fare il contrario. Devi portarla dentro.»
«Dentro?»
«Nel cuore malato della città. Ci sono… altre forze in gioco, forze che non capisco. Ma tu ci sei in mezzo. Se provi ad abbandonare l’occhio del ciclone, la corrente ti farà a pezzi.»
Era un responso di merda. Il sangue gli colava lungo l’ascella dandogli una calda sensazione di viscido. La cosa peggiore era che sapeva dove poteva trovare il cuore di NC. Anzi, ne conosceva almeno un paio.
«Confortante.»
«Mi dispiace, Jack. Se la vuoi salvare…» Argusson toccò una delle rune. «C’entra Markov in tutto questo, non è vero?»
Jack non rispose.
«Sarete tu e lui.» Gli occhi di Erik erano spariti di nuovo. «Non avete ancora finito di pagare il fio, Jack. Non avete ancora finito di pagare.»
Lackland tirò fuori un credstick dalla tasca interna dei pantaloni e lo lasciò sul tavolino. La presenza dentro Erik Argusson lo ignorò e prese a lappare il sangue dalle rune insozzate.
Neon City è un'ambientazione weird-cyberpunk per un progetto a cui sto lavorando, e che avrà finalmente la luce l'anno prossimo. Jack Lackland è un veterano con un braccio di ferro attualmente impegnato nella ricerca di una redenzione a cui non crede davvero.
SCRITTOBRE è una sfida per scrittori. 31 giorni, 31 parole, un solo obbiettivo: scrivere qualcosa a tema ogni giorno.
Sto seguendo le parole votate nel gruppo telegram di Fabio Scalini.
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